Riflessioni critiche sulla proposta della legge regionale piemontese n.70 del 19 dicembre 2019

Premessa

 

L’Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici (ANCSA), fondata nel 1961 per favorire la tutela e la valorizzazione dei centri storici italiani, intende con questo documento presentare le proprie osservazioni sulla proposta di legge regionale n. 70 del 19 dicembre 2019, con particolare riferimento al tema del patrimonio costruito e della struttura insediativa storica del territorio.

La proposta di legge apporta modifiche radicali sia alla legge regionale n. 16 del 4 ottobre 2018 (Misure per il riuso, la riqualificazione dell’edificato e la rigenerazione urbana), sia alla legge regionale n. 56 del 1977 (Tutela ed uso del suolo).

Se il principio della semplificazione normativa è condivisibile, tuttavia la proposta, così come è scritta, presenta molti nodi problematici e passaggi di difficile interpretazione che rischiano di avere un pesante impatto sulla tutela e sullo sviluppo sostenibile del nostro patrimonio culturale.

In assenza, ancora oggi, di un riconoscimento dei tessuti storici dei comuni piemontesi (centri e nuclei storici insediati) sistematico e omogeneo – che nella pianificazione locale è, viceversa, talvolta poco accurato, lacunoso o addirittura mancante, soprattutto dei Comuni più piccoli – la proposta di legge consentirebbe in modo indiscriminato la conversione della categoria di intervento di ristrutturazione edilizia in sostituzione edilizia, anche in deroga ai piani regolatori, permettendo così di apportare radicali modifiche ai tessuti edilizi storici, che sono tutelati dal Codice dei Beni Culturali, e che sono riconosciuti come elemento cardine delle nostre città da oltre mezzo secolo, e in particolare da quando, nel 1964, la commissione parlamentare Franceschini introdusse il concetto di Bene Culturale e di Bene Culturale Ambientale, evidenziando il valore di insieme dei tessuti edilizi, anche se “minori”.

La proposta di legge 70, prevedendo sostanzialmente che ogni edificio non vincolato “come edificio monumentale” ai sensi della legge ex 1089 del 1939 –  o per il quale non viga nei PRG l’indicazione di sola manutenzione o restauro –  possa essere fatto oggetto di pesanti modificazioni, anche in aree protette o con vincoli paesaggistici, rischia di riportare indietro di oltre mezzo secolo il dibattito sulla tutela del nostro patrimonio come cardine di sviluppo equilibrato delle comunità locali, oltre a mettere potenzialmente a rischio il riconoscimento di aree di pregio come quelle dei siti Unesco, per portare un solo esempio, la cui attribuzione, vale la pena di ricordarlo, non è sancita una volta per sempre, ma può essere rimessa in discussione dai monitoraggi periodici dei siti.

 

A tal fine Ancsa formula le seguenti osservazioni e propone alcuni correttivi alla proposta di legge:

 

1. E’ fondamentale un meccanismo che subordini a deliberazione comunale gli interventi sui tessuti storici e nei contesti di rilevanza paesaggistica, anche se non soggetti a vincoli specifici. Il carattere di bene storico-documentario e ambientale dei tessuti andrà a tal fine definito preliminarmente dai Comuni con una precisa perimetrazione dei centri storici, ad esempio attraverso il semplice e rapido uso delle tavolette storiche IGM. Si propone a tal fine che i Comuni abbiamo almeno 12 mesi (e non 6) al fine di effettuare questa operazione.

 

2. Nei centri storici e nelle aree con vincoli paesaggistici la sostituzione edilizia deve seguire il criterio della legge 16 del 2018 e cioè riguardare solo gli edifici con non più di 70 anni.

 

3. Nei centri storici, l’elevazione di un piano degli edifici conseguente al premio di cubatura dovrà essere in ogni caso soggetta a specifica valutazione del rispetto dei valori ambientali, almeno con il coinvolgimento delle commissioni locali per il paesaggio.

 

4. Il riferimento a edifici non più esistenti documentati storicamente e che pare, se si è letta correttamente la proposta, potrebbero per sola tale ragione essere ricostruiti con ingente premio di cubatura, e senza incidenza sul carico urbanistico (art. 5 della legge), non tiene conto dell’enorme quantità di strutture edilizie testimoniate dalla cartografia storica. Tale norma deve essere modificata o rischia di avere un impatto potenzialmente devastante se si tiene conto anche solo della quantità e dimensione di cascine, rustici e edifici accessori un tempo esistenti nelle nostre campagne e montagne.

 

5. I passaggi della normativa che fanno riferimento a un generico rispetto della coerenza con i contesti storici e alla salvaguardia dei caratteri insediativi (ad es. articolo 7) sono molto generici e rischiano di essere soggetti a una molteplicità di interpretazioni, divenendo dunque inefficaci: si suggerisce di chiarirli e definirli meglio, a vantaggio di un preciso concetto di tutela del territorio che oggiè certamente un valore condiviso dalla grande maggioranza dei cittadini piemontesi.

 

6. Le aree con fragilità idro-geologiche e ambientali devono essere escluse dagli automatismi della normativa. Numerosissimi episodi degli anni più recenti, nel quadro dei sempre più rilevanti cambiamenti climatici globali, ci ricordano la necessità di guardare con sempre maggiore attenzione ai fattori di rischio che caratterizzano gran parte dei nostri territori.